Piedi piatti e Peter Pan

Nella prima rubrica del 2022 onoro una promessa fatta nel vecchio anno. Dopo aver trattato l’argomento del piede cavo vi parlerò adesso di piedi piatti, fornendovi una vista del problema e delle possibili soluzioni –quelle che riguardano la mia sfera di attività – al variare dell’età e della gravità della condizione

Vi chiederete quindi cosa c’entri Peter Pan. Vi rispondo di pazientare ancora un attimo. Consentitemi prima di inquadrare l’argomento in termini più formali per poi svelarvi un mio pensiero divergente e scherzoso sulla condizione dei piedi piatti.

Riporto la descrizione che ne dà, nel suo sito, il Dottor F. Usuelli, chirurgo ortopedico di grande competenza.
Semplificando, il piede piatto è un’alterazione dell’arco longitudinale e trasversale del piede che determina un’impronta plantare aumentata sul terreno.

È una deformità complessa che coinvolge più articolazioni e può arrivare a determinare patologie dell’avampiede (quali alluce valgo e dita a griffe), ma può anche provocare grave sintomatologia e alterazioni a livello della caviglia.

Un piede piatto diventa sintomatico quando i meccanismi di compenso vengono a mancare, causando al paziente dolore e instabilità.
Va da sé e restano fuori dalla mia area di competenza, i casi di maggior gravità che necessitano di interventi chirurgici ma, non di rado capita che Medici e Specialisti prescrivano ai pazienti un check up del passo per predisporre un plantare di supporto. Quando la condizione di piede piatto è sostanzialmente asintomatica o lievemente “dolorosa” il plantare può offrire sollievo a tendini e caviglie andando a integrare ciò che la natura non ha predisposto.

Occorre chiarire che i plantari non curano il piattismo negli adulti ma lo compensano a tutto beneficio della deambulazione. Diverso è il caso in cui, grazie a una diagnostica precoce si riesce a identificare il problema già nei bambini. Per loro il plantare può realmente rappresentare un cambio di prospettiva perché la condizione evolutiva consente di correggere la problematica con l’ausilio di un plantare andando a ridurre il deficit. Quando questi soggetti raggiungono la maturazione ossea, di solito, il piattismo è stato scongiurato.

Cosa fare

Come già descritto per il piede cavo, per i casi di piede piatto che si presentano nel mio studio, procedo come segue. La prima cosa da fare è una rilevazione delle impronte a cui fa seguito l’analisi del passo computerizzata e una valutazione posturale che metta in luce come l’apparato deambulatorio si comporta a fronte di un appoggio aumentato.
E poi? Successivamente i dati raccolti vengono rielaborati per creare il supporto plantare più adeguato in base alle caratteristiche individuali della persona. Una volta trasferiti questi elementi al macchinario che crea il plantare si procede alla prova e alla rifinitura del supporto.

E come va a finire?

Il paziente infila il plantare nelle scarpe, e tipicamente avverte una notevole differenza negli appoggi. Cervello e corpo si adattano velocemente al nuovo assetto se il paziente zelante indossa i plantari dal mattino alla sera. Piedi e caviglie diventano meno dolenti e il passo procede spedito e stabile. La fastidiosa sensazione di trascinare i piedi scompare e anche la postura complessiva si modifica positivamente.

Con regolari controlli alla soletta, per assicurarsi che stia funzionando nel modo opportuno, il piede piatto può dirsi compensato.
E Peter Pan? Molto semplice, tutti nasciamo con i piedi piatti e solo a un certo punto avviene il cambiamento che consente di camminare eretti e stabili. Amo pensare che qualche anima tenera voglia conservare più a lungo la condizione fetale e per questo motivo i suoi piedi restano “bambini”. E se fosse un piccolo indizio per riconoscere Peter Pan?

 

Pierpaolo Gasparini